Il commercio online viaggia alla velocità della luce
Il commercio online rappresenta, oramai, una fetta importante dell’economia mondiale. Questo è ciò che dicono i numeri. Anche se l’Italia è sicuramente svantaggiata su questo fronte, se comparata agli altri stati europei, rispetto al 2016 si è verificato un incremento del 17% della spesa complessiva che gli italiani hanno effettuato online.
Secondo i dati raccolti dal Politecnico di Milano, infatti, nel corso del 2017 le vendite su Internet hanno toccato i 24 miliardi di euro. Durante i 12 mesi prima, invece, gli italiani avevano speso online circa 20,5 miliardi di euro. Per la prima volta, inoltre, gli acquisti di prodotti (+28% a 12,2 miliardi di euro) hanno superato quelli di servizi (+7% a 11,4 miliardi). Una performance ottenuta grazie al boom di “informatica ed elettronica” (+28% a 4 miliardi), “abbigliamento” (+28% a 2,5 miliardi), “food & grocery” (+43% a 900 milioni) e “arredamento e home living” (+31% a 900 milioni). Il turismo, però, è rimasto il primo settore in assoluto per valore, con acquisti per 9,2 miliardi di euro (+7%).
Secondo i calcoli dell’ateneo milanese, il tasso di penetrazione degli acquisti online sul totale del mercato italiano al dettaglio è così passato dal 4,9% del 2016 al 5,7% del 2017. Però, come annunciato all’inizio di questo articolo, per quanto in decisa crescita i dati italiani impallidiscono rispetto a quelli fatti registrare dai Paesi più avanzati in questo settore. LaFrancia, ad esempio, nel 2016 ha fatto registrare vendite online per 65 miliardi di euro (pari a un tasso di penetrazione del 12% sul totale del commercio retail); un valore che sale a 75 miliardi (14%) in Germania e a 100 miliardi (19%) in Gran Bretagna.
Infine, i due colossi mondiali, Cina e Stati Uniti, possono vantare vendite online per rispettivi 750 miliardi di euro (14%) e 550 miliardi di euro (15%).
Un progresso analogo è stato registrato anche sul fronte della pubblicità online, che sta rubando velocemente quote di mercato alla pubblicità realizzata sui media tradizionali.
Secondo i dati raccolti dalla Nielsen, azienda globale di misurazione e analisi dati che fornisce la più completa e affidabile visione al mondo sui consumatori e sui mercati, l’anno scorso in Italia le aziende hanno investito 2,6 miliardi di euro per dare visibilità ai propri prodotti e servizi sul Web. Si tratta di un valore in crescita del 13% rispetto al 2016 e che rappresenta quasi un terzo del totale dell’advertising: difatti, sempre nel 2017, gli investimenti pubblicitari totali sono stati pari a 8,1 miliardi, con un progresso rispetto ai dodici mesi precedenti decisamente più contenuto (+3%).
Una dinamica simile la si può riscontrare negli altri Paesi europei: il mercato pubblicitario nel suo complesso fa fatica a crescere, mentre le campagne su Internet mostrano una decisa crescita. Il caso più emblematico è quello della Gran Bretagna che, avendo un modello economico molto flessibile, è quella che si adatta prima ai cambiamenti: ebbene, nel 2017 la pubblicità totale è addirittura scesa del 2% a 23,6 miliardi, con quella online che è salita a 13,2 miliardi (+5%); a Londra, dunque, più di un euro su due viene destinato all’advertising sul Web.
Se si esce fuori dai confini del Vecchio Continente e si guarda a Paesi in cui il mercato pubblicitario mostra buoni tassi di crescita, i numeri dell’online sono ancora più vivaci: in Cina i banner sul Web hanno generato un giro d’affari di 37,6 miliardi (+19%), cifra che negli Stati Uniti sale a 77,2 miliardi (+18%). Spiccano però anche le performance di Brasile (+32% a 3,8 miliardi) e Australia (+22% a 6 miliardi).
«La pubblicità online è molto vivace anche in quei Paesi dove l’advertising nel suo complesso mostra una certa stanchezza — ha spiega Luca Bordin, General Manager Media Sales and Solutions —. Il deciso balzo dell’Italia trova spiegazione nel fatto che il nostro Paese parte da numeri molto bassi, essendo rimasto indietro in precedenza».
L’esperto della Nielsen ha fatto poi notare come l’efficacia della pubblicità online vari a seconda dell’età del consumatore a cui ci si vuole rivolgere e del settore in cui si opera.
«In Italia nella fascia di età compresa fra i 18 e i 37 anni esiste ben un 17% di consumatori che vengono raggiunti solo dalle campagne digitali — ha proseguito Bordin —. Non avere una presenza sul web significa dunque rinunciare a quasi un potenziale acquirente su cinque; la percentuale scende all’8% per la fascia 35-54, che significa comunque milioni di consumatori, e al più contenuto 1% per quella composta da chi ha più di 55 anni».
Ancor più che l’età, per mettere in piedi un’efficace campagna pubblicitaria sul web conta molto conoscere lo stile di vita del consumatore a cui ci si vuole rivolgere: difatti, le cose cambiano molto se vive al Nord o al Sud oppure se abita in una grande città o in un piccolo centro. Come in tutti i settori, anche nell’online advertising esiste una curva di apprendimento, che alcuni settori hanno in larga parte già percorso, mentre altri sono ancora alle prime armi. Il turismo, la finanza e l’intrattenimento, che hanno fin da subito puntato sul web, ne padroneggiano bene i meccanismi, mentre il settore automobilistico e la grande distribuzione sono rimasti un po’ indietro.
«A Milano avere un canale di vendita online è di fondamentale importanza, mentre se si opera al Sud, dove la gente va ancora al mercato, non si rischia di perdere una buona fetta di mercato se non si offre i propri prodotti sul Web», ha chiarito Bordin, che ha rilevato come in generale i consumatori italiani siano più pronti a comprare su Internet di quanto non siano le aziende a soddisfare le loro esigenze.
A rendere il consumatore italiano “evoluto” è stata la grande diffusione degli smartphone, che si sono ormai affermati come device principale per l’accesso ad Internet.
«Nel 2017 la total digital audience dell’e-commerce ha toccato i 24,7 milioni di consumatori (18-74 anni); questo significa che il 56% dell’intera popolazione ha visitato un sito di commercio elettronica almeno una volta al mese — ha spiegato Marco Muraglia, Presidente di Audiweb —. E il 68,4% degli accessi è avvenuto tramite dispositivi mobile».
Difatti, i numeri dicono che negli ultimi dodici mesi gli accessi da smartphone e tablet sono cresciuti del 33%, mentre quelli da PC sono diminuiti del 5%.
Limitando l’analisi al mondo della distribuzione, si può rilevare come gli utenti unici mensili siano stati 8,8 milioni, di cui ben 6,2 milioni da dispositivi mobili.
«Una caratteristica che emerge dai dati che vediamo è legata al fatto che ognuno di questi siti online presenta un’audience quasi esclusiva, riuscendo, probabilmente, a intercettare online i propri acquirenti già fedeli sul territorio», ha proseguito Muraglia.
Chi, dunque, è abituato ad andare in un certo supermercato deciderà di visitarne il sito nel momento in cui vorrà fare acquisti online, trascurando in un primo momento l’offerta sul web delle altre insegne. E se l’esperienza di acquisto sarà positiva, il cliente sarà fidelizzato anche su Internet.